LA CASSAZIONE: UNA PIANTA DI MARIJUANA IN CASA? «PUO' NON ESSERE REATO»

di Red


Coltivare in casa piante di marijuana può non essere un reato. Basta che non sussista il sospetto di «concreta pericolosità», basta cioè escludere l’eventualità dello spaccio. Mentre Fini dichiara guerra allo spinello e chiede di punire anche il consumo personale, la Cassazione sancisce per la prima volta l’impunibilità della coltivazione della cannabis. Sono stati i giudici della quarta sezione penale ad accogliere il ricorso di Giovanni M., 46 anni, di Napoli annullando la condanna a sei mesi di reclusione e a mille euro di multa per aver «coltivato illegalmente una pianta di cannabis sativa e detenuto 80 semi della stessa pianta per la coltivazione».

Dicono i giudici: per stabilire se questo comportamento è soggetto a sanzione penale bisogna valutare se «nella modalità della condotta di coltivazione sussista o meno la pericolosità in concreto, sanzionata penalmente quale reato di pericolo presunto». Secondo la Suprema Corte per condannare chi coltiva sostanze stupefacenti in casa è necessario che «anche in concreto l'offensività sia ravvisabile almeno in minimo grado».

Assolto dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, nel novembre del 2000, Giovanni M. si era visto condannare a sei mesi di reclusione dalla Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 26 ottobre 2001. Contro la condanna l'uomo ha protestato in Cassazione sostenendo che in quella coltivazione di 33 milligrammi di thc (contenuto inferiore a quello di una dose minima giornaliera) non poteva esserci alcun «reato di pericolo». Ed ora la Cassazione ha rinviato il caso alla Corte d'appello di Napoli. I giudici di merito a questo punto dovranno rianalizzare la vicenda di Giovanni M. applicando il principio della Suprema Corte che ha sancito che la condanna penale scatta solo se nella coltivazione di sostanze stupefacenti sussiste una «concreta pericolosità».

Mentre la Cassazione afferma che coltivare una piantina di cannabis può non essere reato, le statistiche denunciano che il 77% dei ragazzi hanno provato almeno una volta la cannabis. Il dato è fornito dall'Eurispes che in una sua indagine denuncia come il consumo di droghe leggere, soprattutto tra i giovani, sia in sensibile aumento. Poco rassicuranti, secondo l'indagine Eurispes, anche i dati sull'uso di droghe pesanti, a partire dalla cocaina. Su 100 persone che ne hanno fatto uso - denuncia sempre l'istituto di statistica - il 37,8% aveva 20 anni, l'11,8% tra i 21 e i 24, il 18,5% oltre i 25. E un altro studio dell’Espad condotto su un campione di 300 scuole e ventimila ragazzi dice che almeno una volta nella vita, uno studente italiano su tre, tra i 15 e i 19 anni, ha fumato uno spinello. Ha fatto uso cioè di quella sostanza che per il Consiglio superiore di sanità non è da considerarsi droga leggera. Lo studio sottolinea anche come negli ultimi 4 anni sia cresciuta la tolleranza dei ragazzi nei confronti di hashish e marijuana: così se nel '99 erano il 67 per cento quelli che disapprovavano il consumo occasionale di cannabis, nel 2002 sono scesi al 66, se nel '99 l'88 per cento si dichiarava contrario al consumo regolare, nel 2002 la percentuale è scesa all' '84.

In pratica, il 33 per cento circa dei giovani dai 15 ai 19 anni ha «fumato» almeno una volta. Una maggiore tolleranza da parte dei giovani è emersa anche nei confronti di droghe considerate pesanti, come la cocaina (dal 10 al 12 per cento) l'ecstasy (dal 10 all'11 per cento) e il crack (dal 7 al 10 per cento). La cannabis, secondo la relazione, è anche la droga preferita dei militari tanto che l'84 per cento dei giovani scoperti ad assumere sostanze stupefacenti durante il servizio militare, fa uso di hashish e marijuana. E la cannabis è anche la sostanza più frequentemente rilevata nel sangue nelle persone morte in incidenti stradali e in quei soggetti sottoposti a controlli alla guida.

(13 Ottobre 2003)

 

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